Suono ma nessuno apre

40 anni da "Bella 'mbriana", il capolavoro internazionale di Pino Daniele

Pino Daniele è a tutti gli effetti uno degli artisti più “internazionali” che abbiamo avuto in Italia, se non per le vendite, sicuramente per le sonorità. Musicista enorme, uomo di spessore, a partire dalla fine degli anni ‘70 ha inanellato una serie di dischi in cui la “napoletanità” si fondeva magistralmente con elementi jazz, blues e funk

Pino Daniele

Di un gigante come Pino Daniele si parla sempre poco. E in quelle rare volte capita di farlo pure in maniera un po’ superficiale (che forse è pure peggio). Per radio o negli speciali televisivi passano quasi sempre la solita manciata di canzoni d’amore prese dalla seconda parte della sua carriera, ovvero un periodo che, accanto a qualche colpo di classe qua e là, è stato costellato soprattutto dai suoi brani più smielosi e canonici. Di rado, invece, viene ricordato il periodo d’oro di questo artista, che lo ha reso un vero e proprio unicum nel panorama italiano, grazie a un sound di qualità assoluta che invidiavano in tutto il continente.

Pino Daniele è a tutti gli effetti uno degli artisti più “internazionali” che abbiamo avuto in Italia, se non per le vendite, sicuramente per le sonorità. Musicista enorme, uomo di spessore, a partire dalla fine degli anni ‘70 ha inanellato una serie di dischi in cui la “napoletanità” si fondeva magistralmente con elementi jazz, blues e funk: un gusto sudamericano che andava a braccetto coi groove statunitensi e melodie dall’aroma mediterraneo. Il tutto condito da parole pronunciate un po’ in inglese, un po’ in italiano, un po’ in dialetto (una specie di “inglese napoletanizzato”, come lo chiamava ironicamente lui). Che poi, diciamocelo: il napoletano rende tutto così poetico e si sposa perfettamente con la lingua inglese. Le stesse parole, forse, pronunciate in italiano non renderebbero allo stesso modo. In parole povere ha sdoganato la tradizione napoletana e l’ha inserita in ambiti diversi grazie anche a musicisti fantasiosi e impeccabili come Tony Esposito, James Senese, Rino Zurzolo, Enzo Avitabile, ecc...che hanno dato vita alla cosiddetta “scuola partenopea”, contribuendo in maniera fondamentale allo svecchiamento della canzone italiana.

Una delle massime espressioni di questo suo stile inconfondibile è il disco del 1982, che spegne quaranta candeline proprio quest’anno, intitolato “Bella ‘mbriana”. Si tratta del lavoro più internazionale a firma del musicista italiano più internazionale, che vanta l’apporto di strumentisti del calibro di Alphonso Johnson e Wayne Shorter (entrambi provenienti dai Weather Report) ad accompagnare gli amici di sempre Tullio De Piscopo e Joe Amoruso. La “bella ’mbriana” che intitola il disco nella storia partenopea rappresenta l’anima della casa, incarna cioè lo spirito buono, una sorta di folletto benigno che può intervenire e cambiare gli eventi. “Bella ‘mbriana” è una raccolta di splendidi suoni blues-fusion virati pop, del tutto peculiari ed eseguiti, neanche a dirlo, divinamente. Del resto si sa che Pino era un musicista maniacale, attentissimo, rigoroso, pignolo e amante dei virtuosi. Tra le canzoni, come non citare due veri e propri manifesti di napoletanità come “Annarè” e la title-track, momenti in cui il nostro mostra quell’amore, mai banale, per la sua città. O ancora quella perla di “Maggio Se Ne Va”, con Wayne Shorter al sax soprano a “doppiare” la voce di Pino: brividi lungo la schiena. ù

Ma forse il pezzo più rappresentativo è la splendida “Tutta ‘nata Storia” che parla del sogno americano, dell’America come metafora della fortuna, della ricerca del successo, consapevoli però che le origini personali non possono essere scavalcate: nulla potrà mai essere come la tua terra natia con i dolori, le gioie e i ricordi che rimandano ad essa. E’ “tutta ’nata storia”, appunto. Con questo album, considerato da molti il suo ultimo grande capolavoro, Pino Daniele varcherà pure i confini italiani, facendosi apprezzare in tutta Europa: in Francia e Svizzera era stimatissimo (nell’83 registrerà un epico live per la televisione della Svizzera italiana). A proposito di musica dal vivo, voglio concludere con un bellissimo aneddoto, raccontatomi da una persona che ai tempi c’era, che mostra il bel carattere di Pino. Solitamente durante i concerti lui usava rivolgersi al pubblico introducendo i pezzi e, come al solito, lo faceva metà in italiano e metà in dialetto. A uno spettacolo tenutosi a Pescara a un certo punto dal pubblico si leva un grido: “impara a parlare” (da cui già si deduce l’intelligenza dell’autore). Al che Pino risponde: “eh? Parlare? L’importante è sapè sunà”...

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