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Voci e canti di culture nomadi: l’incontro del canto a tenore sardo con quello armonico della Mongolia

L’oralità è una potente forma di comunicazione della cultura. Potente perché antichissima: il mondo si è formato sulle storie di griot e cantastorie, attorno ai fuochi, nelle notti del deserto e nelle caverne a piedi della grandi montagne. E per rendere più calde ed emozionanti le proprie narrazioni, quelle voci aggiungevano i movimenti del corpo e la musica. A questa traccia della cultura fa riferimento la sezione “Canti nomadi” di Ravenna Festival, che comprende almeno tre appuntamenti (anche se ne coinvolge trasversalmente altri). Storie di voci nomadi, tra Sardegna, Mongolia e Albania, terre scabre e antiche con tradizioni tuttora vive, come lo sono quelle dei poeti estemporanei – già apprezzati ai Chiostri Francescani - di Toscana e Lazio che ancora si sfidano “all’ultimo verso” in ottava rima. Il prossimo appuntamento – venerdì alle 21.30 nel Chiostro della Biblioteca Classense - presenta l’incontro del canto a tenore sardo con il canto difonico (o armonico) della Mongolia in “Voci nomadi 1”, evento che vedrà insieme il Cuncordu e Tenore de Orosei con i cantori mongoli Tsogtgerel Tserendavaa e Garzoring Nergui.

Nel cuore di una natura ancora sacra e pastorale, l’aspra bellezza delle montagne sarde incontra la distesa delle steppe della Mongolia, attraverso le polifonie del tenore e il canto difonico khoomij. Tra liturgie e feste paesane, al confine fra sacro e profano, le voci risuonano ancora tra le montagne della Sardegna, dove si rifugia la bellezza di una cultura pastorale sempre viva. Il canto difonico è nato invece dove s’incontrano le montagne dell’Altaj e l’immenso deserto del Gobi, uno fra i luoghi più desolati, misteriosi e affascinanti del pianeta. Questo meraviglioso incontro fra il gruppo di Orosei e i due artisti mongoli, che si è realizzato per la prima volta nell’ambito del Festival delle Musiche Sacre di Fès, in Marocco, e si è replicato al festival Les Orientales in Francia, mette in risalto i valori e le affinità di questi due popoli, testimoni di un passato in cui l’uomo sapeva vivere in simbiosi con la natura.

Il Cuncordu e Tenore de Orosei è tra i migliori interpreti nel vasto panorama delle musiche vocali sarde. Oltre che per la loro eccezionale bravura, anche per la peculiarità del  repertorio, che abbraccia entrambe le forme della tradizione vocale di Orosei: quella del canto sacro, tipica delle confraternite religiose, e quella profana del canto a tenore. Questa combinazione fa del Cuncordu e Tenore de Orosei, i custodi fedeli all’eredità musicale ricevuta dai cantori anziani. Il gruppo esegue nelle due particolari modalità a Tenore e a Cuncordu, i Gotzos (canti della Passione di Cristo), i balli tradizionali, le serenate d’amore e tutto il repertorio canoro sacro e profano del loro paese. Orosei è l’unico paese in Sardegna dove le due modalità di canto non hanno conosciuto interruzioni nel tempo. Con la stessa passione sono disposti all’indagine e all’incontro con altre espressioni musicali: al Konzerthaus di Berlino, con le voci Bulgare “Angelitè” e il RIAS Kammerchor , con gli amici della piccola Repubblica di Tuva, gli Hu Hun Hurtu, o altre sperimentazioni con diversi musicisti quali Enzo Favata, Luigi Lai, Totore Chessa , i Tenores de Bitti, Nguyen Le, Mola Sylla, Luciano Biondin, Paolo Fresu, Ernst Reijseger (con cui hanno partecipato alla registrazione della colonna sonora di due film di Werner Herzog: “The Wild Blue Yonder” e “White Diamond”) e, in ultimo appunto il progetto “Voci Nomadi” con i cantanti mongoli Ganzoring e Tsogtgerel, un concerto carico di suggestioni musicali, con le voci che, pur lontane geograficamente, si avvicinano e si fondono in maniera straordinaria.

Il canto a “tenore” ha origini sconosciute e, a detta degli studiosi, millenarie. È un canto unico nel proprio genere e si possono trovare forme simili soltanto in Africa o, appunto, in Mongolia. Per questa sua particolarità è stato dichiarato patrimonio intangibile dell’umanità dall’Unesco. Nel canto a “tenore” c’è una voce “Sa voche” che intona il canto utilizzando poesie improvvisate o di poeti colti, i testi sono in sardo, di seguito intervengono, con sillabe nonsense, le due voci gutturali (contra e bassu) e una voce naturale a completare lʼaccordo (mesuvoche). Il canto a “Cuncordu” (cum cordis), in sardo “cuncordos” significa dʼaccordo, accordati, uniti, intonati. Nasce durante la colonizzazione spagnola in Sardegna, e trova forma nelle confraternite di Santa Croce, del Rosario e delle Anime, nate ad Orosei tra il 1600 ed il 1700. È un canto a quattro voci maschili, in lingua sarda o latina, che accompagna i vari momenti dell’anno liturgico, ma che trova il massimo della sua espressione durante i riti della Settimana Santa.

Il canto armonico khoomij è diffuso in varie zone dell’Asia centrale, in particolare dei Monti Altaj. In Mongolia oggi è praticato da diversi gruppi etnici: Khalkh, Tuva, Altaj  Uriankhai, Zakhchin e Bayad. Khoomij (letteralmente “faringe”) è un termine generico per indicare la tecnica vocale in cui si sovrappongono intenzionalmente diversi suoni vocali prodotti dalla stessa persona: una sequenza di armonici che si genera sopra un suono fondamentale più basso, detto “bordone”. Tradizionalmente appannaggio degli uomini, da un paio di generazioni questa tecnica è praticata anche dalle donne. In Mongolia se ne distinguono parecchie varianti, riconducibili a due stili principali: kargiraa (khoomij profondo) e isgerex khoomij (khoomij flautato). Tsogtgerel Tserendavaa e Garzoring Nergui rappresentano due tradizioni distinte del canto difonico khoomij della Mongolia. Se Tsogtgerel ha saputo assimilare la tradizione delle steppe dei Monti Altaj, fondendolo con il modello dell’Accademia di Ulaanbaatar in un potente canto difonico dall’ampio registro armonico, l’autodidatta Garzoring combina in una sintesi perfetta gli stili mongoli e tuva. Insieme eseguono canti di lode magtaal, in cui si combinano canto di gola e canto armonico, accompagnandosi ai liuti tovshuur e alla viella morin khuur.


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