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Al Chiostro della Classense l’integrale dei quartetti per archi di Béla Bartók

C’è un impegno che Ravenna Festival si è assunto fin dai primi anni: avvicinare il suo pubblico a personaggi particolarmente visionari, che hanno rivoluzionato non solo la musica, ma la stessa cultura per come oggi viene concepita. Già nel 2001 il Festival ha proposto un connubio fra due figure “eroiche” della musica del Novecento: Pierre Boulez sul podio l’Orchestra di Parigi offrì uno straordinario omaggio a Béla Bartók. Quel filo rosso torna in questa edizione e, dopo l’integrale delle opere per pianoforte del maestro francese, ecco un progetto articolato e affascinante che comprende la “summa compositiva” del grande artista ungherese, ovvero l’integrale dei sei quartetti per archi che saranno proposti quasi in forma di “maratona musicale”: martedì e mercoledì al Chiostro della Biblioteca Classense. Protagonisti due giovani, ma davvero “ben temperati”, ensemble della stessa terra del compositore: il Quartetto Accord (tra i molti riconoscimenti il Premio Bartók nel 2005) il Quartetto Kelemen (vincitore del Premio Borciani nel 2014).

Martedì il primo appuntamento con due concerti: alle 18.30 l’Accord presenta il n. 1 e il n. 3, mentre alle 21.30 il Kelemen eseguirà il n. 4 e il n. 5. Il giorno successivo insieme, i quartetti completeranno l’esecuzione dei quartetti di Bartók, n. 2 e n. 6, per poi affrontare congiuntamente l’irrequieto e trascinante “Ottetto” di Mendelssohn. L’omaggio a Béla Bartók, a 70 anni dalla morte, avrà un epilogo nel concerto in cartellone il 9 luglio, sempre alla Classense, quando la Budapest String Orchestra eseguirà un programma tutto ungherese, con cinque composizioni, due delle quali sono i capolavori “Divertimento per archi” e “Danze popolari rumene” del genio ungherese.

Nato nel 1881, contemporaneo di Igor Stravinskij, ungherese, Béla Bartók è uno fra i grandissimi artisti del Ventesimo secolo. È, ad esempio, il primo compositore ad applicare alla ricerca etnomusicologica i metodi scientifici di registrazione sonora sul campo. E questa sua attenzione è alla base del lavoro compositivo, con il quale vuole creare una musica profondamente ungherese, ma aperta alle avanguardie occidentali, a Strauss, a Debussy, a Stravinskij e alla Scuola di Vienna, insomma, all’Europa. Nel 1905, quando in Ungheria è già noto come il “Čajkovskij di Budapest”, conosce l’amico di una vita, il compositore Zoltàn Kodály, con cui condivide la passione per il canto folclorico. Bártok inizia così a collezionare canti popolari ungheresi estendendo successivamente le proprie ricerche scientifiche all’area della Transilvania e al canto popolare romeno.

Visita il Bihor, il Maramureş, alcune fra le regioni più ricche in Europa per lo studio del folclore. Ma da queste ricerche non nascono solo dei poderosi volumi di etnomusicologia ma anche un nuovo stile musicale: Bartok adopera gli strumenti musicali tradizionali in modo originale, spesso adottando sonorità percussive e ritmi tipici del folclore. Un riferimento culturale che si incrocia anche nel primo dei sei quartetti per archi composti nell’arco di trent’anni, dal 1907/1908 al 1939. Ad esempio, nonostante lo stile del Primo quartetto possa essere definito tardo-romantico e addirittura wagneriano, vi sono riconoscibili citazioni di melodie popolaresche dal repertorio ungherese-zigano e l’uso di moduli melodici pentatonici discendenti, forse dovuti a influssi francesi. Il materiale impiegato è anche in parte legato alla biografia di Bartók, in particolare il leitmotiv di Stefi, dal nome di Stefi Geyer (una giovane violinista di cui il compositore era innamorato, ma da lei non corrisposto), motivo ricorrente anche in altre composizioni dell’epoca, come il Concerto per violino n. 1 bb 48a, scritto appunto per Stefi Geyer intorno al 1908 ma pubblicato postumo.

Il Terzo e il Quarto quartetto vedono la luce quasi vent’anni dopo, tra il 1927 e il 1928; sono composti negli anni successivi alla ridefinizione di confini dell’Ungheria, un evento che rende impossibili al compositore i viaggi di ricerca sulla musica popolare in territori non più ungheresi. Bartók si dedica in quel periodo allo studio del materiale raccolto, che influsce anche nella sua scrittura musicale. Sono tuttavia anni di elaborazione del linguaggio, attraverso molteplici stimoli. Alcuni studiosi per esempio sostengono che Bartók tornò alla scrittura per quartetto d’archi dopo aver ascoltato la Lyrische Suite di Berg a Baden-Baden nel 1927 e alcune recensioni dell’epoca sembrano voler collocare Bartók nell’atonalità. Massimo Mila, che ascolta il Quarto quartetto alla Biennale di Venezia del 1930, scrive nella rivista “Il Pianoforte”: «Parlare, come si fa spesso, della primitiva barbarie di Bartók mi pare assurdo: in realtà nulla è così aristocratico e lavorato come la melodia di questi due grandi folkloristi musicali, Kodály e Bartók; il materiale popolare da cui essi traggono ispirazione viene profondamente assimilato e reso irriconoscibile nel travaglio di una elaboratissima creazione. Così avviene pure nel Quartetto per archi n.4, dove mai vien meno il contenuto, l’idea musicale, eppure mai si è urtati da squilibri di gusto e da smancerie popolaresche: anzi la scrittura musicale, d’un’originalità sempre audace e spesso aggressiva, non rifiuta talora i procedimenti della più spregiudicata libertà tonale».

Il Quinto (BB 110, Sz 102) e il Sesto quartetto (BB 119, Sz 114) sono composti tra il 1934 e il 1939, anni immediatamente precedenti il doloroso trasferimento negli Stati Uniti, del 1940, a causa del dilagare dei regimi fascista e nazista. Dal 1934 Bartók non insegna più pianoforte all’Accademia musicale di Budapest, ma è stato nominato ricercatore all’Accademia delle Scienze. Sono gli anni degli studi sul ritmo bulgaro, che trovano riscontro nello Scherzo “alla bulgarese” del Quinto quartetto. Quest’ultimo è composto in un mese (6 agosto - 6 settembre 1934) per la mecenate americana Elizabeth Sprague Coolidge (committente anche di opere di Schoenberg, Prokof’ev, Webern, Malipiero), fondatrice nel 1918 di un importante festival di musica da camera a Pittsfield, che nel 1925 fu trasferito a Washington, dove la Coolidge organizzò una fondazione per concerti da camera alla Library of Congress. Ed è proprio nella sala da concerto della celebre biblioteca che il brano viene eseguito per la prima volta dal Quartetto Kolisch nel 1935.


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