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In scena "Serse", si apre con un capolavoro del barocco la Stagione d'Opera

Il titolo che alza il sipario sulla Stagione Opera 2019/20 del Teatro Alighieri di Ravenna è un’opera italiana che custodisce una delle arie simbolo di tutta la cultura occidentale, un capolavoro del barocco di cui riappropriarsi attraverso l’interpretazione di uno dei più accreditati ensemble di questo repertorio: il Serse di Georg Friedrich Händel. 

Mai rappresentato prima al Teatro Alighieri, lo spettacolo è in scena il 10 e il 12 gennaio, con Ottavio Dantone al clavicembalo e alla direzione della sua Accademia Bizantina e Gabriele Vacis alla regia. Il nuovo allestimento - che ha debuttato a primavera, frutto della coproduzione fra Reggio Emilia, Modena, Piacenza e Ravenna - favorisce un ritmo narrativo serrato e coinvolgente. Serse è Arianna Venditelli, trascinante fin dalla celebre aria d’apertura Ombra mai fu, mentre Arsamene è Marina De Liso; Romilda e Atalanta sono rispettivamente Monica Piccinini e Francesca Aspromonte; il contralto Delphine Galou veste invece i panni di Amastre. Il cast si completa con Luigi De Donato e Biagio Pizzuti rispettivamente nei panni di Ariodate ed Elviro.

Ombra mai fu, l’aria che apre il Serse, “è una sorta di patto che il protagonista dell’opera stringe con la maestà della natura,” sottolinea il regista Gabriele Vacis: il platano a cui il re persiano rivolge la propria ode è un albero “che sovrasta i sentimenti e li ispira”, fedele a una lunga tradizione occidentale che vede il platano scena di incontri amorosi, conversazioni filosofiche e orazioni. E il Settecento di Händel è un “periodo di grandissimi cambiamenti - continua Vacis, - il momento in cui noi umani abbiamo cominciato a guardarci intorno, provando ad abbandonare magie e superstizioni, per comprendere la concretezza razionale dell’esistere. Questa tensione verso la natura del Serse mi ha rimandato a due artisti del movimento che celebriamo come ‘arte povera’: Giuseppe Penone e Giulio Paolini. Spesso le idee di questi artisti sono piante. La musica di Händel contiene sia la comunione con l’ambiente naturale di Penone, che l’illuministica confidenza con la geometria di Paolini”.

La messa in scena si articola su tre piani: l’ormai storico complesso di Accademia Bizantina, fra i più noti a livello internazionale per l’esecuzione di musica barocca con prassi originali, non è in buca ma allo stesso livello degli spettatori; mentre alle spalle dei cantanti - immersi in uno stilizzato contesto settecentesco dalle scene e dai costumi di Roberto Tarasco, che cura anche le luci - appaiono uno schermo su cui scorrono immagini e una “scenografia vivente” costituita da una trentina di giovani interpreti che, attraverso differenti azioni, mimano e così commentano gli affetti espressi dal canto. L’intreccio amoroso (il re persiano ama Romilda, che ama Arsamene fratello di Serse, che è amato anche da Atalanta sorella di Romilda…e Amastre, la fidanzata ripudiata del re, si traveste da soldato per riconquistare il promesso sposo) appare quasi come un gioco di società che potrebbe degenerare da un momento all’altro, ma che la musica di Händel mantiene costantemente sul filo del divertimento e dell’ironia.

In occasione dell’apertura del calendario opera, il primo appuntamento con Il canto delle sirene, il ciclo di conversazioni - sempre a ingresso gratuito - curato da Guido Barbieri: sabato 11 gennaio, alle 10.30 alla Biblioteca Classense, si inaugura il percorso dedicato all’enigma della voce nella storia della musica occidentale, a partire dalla riflessione su canto cristiano e canto trobadorico, tra Hildegard von Bingen e Bertrand de Ventadorn.

Orari: venerdì 10 alle 20.30 e domenica 12 gennaio alle 15.30.

Biglietti da 14 a 50 Euro, ridotti da 14 a 44 euro.


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