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Una 'lettera d'amore' alle cene nei Capanni aperti: "Una dolce pausa dal caos del mondo moderno"

Sospesi tra l’azzurro del cielo e il verde della vegetazione valliva, gli antichi capanni da pesca sprigionano anche dinnanzi all’osservatore più assorto un fascino di un luogo incantato, come se qui il tempo si fosse fermato. Eppure la loro prima apparizione come strutture rudimentali, detti anche ‘padelloni’, è a tratti incerta: si parla di secoli fa, e a quei tempi vennero concepiti come un rifugio per chi praticava la pesca per il sostentamento della famiglia. Oggi l’intervento dell'uomo ha fatto sì che l’area in cui sorgono assurgesse a un ruolo strategico, in funzione di un processo di riqualificazione che affonda le proprie radici nel recupero delle antiche tradizioni attraverso anche eventi pubblici, mirati a promuovere la loro storia e di coloro che amorevolmente se ne prendono cura. Il capanno oggi è diventato un luogo di svago e socialità. Del resto queste piccole dimore temporanee, con le loro grandi reti che si levano sugli specchi d’acqua delle zone umide, sono diventate a tutti gli effetti una parte del patrimonio culturale romagnolo. Uno di questi eventi che si ripete da qualche anno finalizzato a far riscoprire queste ‘peculiarità vallive’, al quale ho preso parte sabato 19 maggio, è ‘Capanni Aperti’ all’interno della manifestazione più grande ‘Fiumi Uniti’.

Con alcuni amici siamo stati ospiti del capanno n.11 (Fiume Uniti Argine Sinistro) per la cena, che è diventata un’ occasione conviviale in cui abbiamo potuto scoprire, appunto, le antiche tradizioni dei questi ‘padelloni’, che sorgono in un’oasi tra fiumi, valli e pinete. Già la strada bianca per arrivarci ‘catapulta’ il viaggiatore gradualmente in una dimensione parallela scandita da tempi antichi e movimenti lenti, lasciando alle spalle il caotico mondo moderno. All’imbrunire, mentre il rosso fuoco del tramonto infiammava lo specchio d’acqua verde del fiume creando una magia naturale di luci e ombre e tanti uccellini e altri animaletti serali intonavano melodie a noi sconosciute, tutto il gruppetto ospite del capanno ha fatto conoscenza e preso posto nella fresca veranda, pronti per il prelibato banchetto conviviale in cui abbiamo cenato come tra vecchi amici e, al tempo stesso, ascoltato poesie, "zirundele" goliardiche narrate da un vero cantore romagnolo e tante sane risate, con una leggera brezza che rinfrescava gradevolmente la notte stellata. Una serata meravigliosa scandita da ottima cucina, nuove amicizie, tantissime allegria e soprattutto cadenzata da una tranquillità e un ritmo di vita oggi introvabile, che ci ha permesso di condividere i veri valori importanti (amicizia prima di tutto, ma anche rispetto della natura). Tutto in una cornice di ambiente naturale, ricco di fiori e roseti con un giardino curatissimo, in un capanno ospitale e confortevole, grazie alla passione e al tempo dei capannisti che ci hanno amorevolmente accolto e che ci fatto trascorre un'esperienza unica con momenti indimenticabili e soprattutto con una cena straordinaria. Io ho uno stile di vita vegano e qui sono stata trattata come una vera reginetta, nonostante la cena fosse di altro genere: per me ‘i capannisti’ si sono prodigati in tutti i modi preparandomi un banchetto da gourmet in linea con le mie esigenze. Sarebbe molto bello poter programmare una versione autunnale di questi capanni aperti: il successo sarebbe nuovamente assicurato. Un monito particolare lo vorrei fare all’amministrazione comunale, che possa guardare con lungimiranza verso una valorizzazione di questo inestimabile patrimonio culturale rappresentato dai ‘capanni’, attraverso il sostegno di queste iniziative pubbliche. Un ultimo ringraziamento va a Sergio Subini, presidente della Cooperativa Fiumi Uniti Servizi che ogni anno coordina in prima persona questa iniziativa attraverso la valorizzazione del tradizionale spirito di accoglienza dei romagnoli e la promozione di uno straordinario ambiente naturale. Arrivederci al prossimo anno. Noi ci saremo ancora!

Caterina Bonazza


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